L'arte

Lasciata l’Accademia di Belle Arti di Carrara nel 1936 dopo aver conseguito il diploma di scultura prima e di architettura poi, Ugo Guidi si dedica alla libera professione creando, agli inizi degli anni ’40 opere che mettono in luce la sua personale scelta artistica e stilistica sia nella ricerca formale che nell’utilizzo di materiali meno nobili del marmo quali il tufo versiliese, la pietra, l’argilla, il gesso. Il marmo è utilizzato dall’artista prevalentemente nelle opere giovanili e fino alla metà degli anni ’40 per riapparire di tanto in tanto ma, sempre, preferendo al bianco delle Apuane, materiali dalle superfici scabre, che danno l’idea di naturalezza, di “arcaico”e di “primitivo”. E’ questa una scelta fattasi avanti durante la sua maturazione artistica vissuta quale esigenza interiore di distacco dai canoni accademici e di ricerca personale in un periodo dove la situazione culturale era certamente difficile e dove molteplici erano le proposte di rinnovamento formale provenienti da altri paesi, anche Guidi, come altri artisti a lui contemporanei, sviluppa la sua ricerca nella rivisitazione dell’arcaismo, del primitivismo, del gotico-romano. Realizza, infatti, in questo periodo parecchie opere prevalentemente di piccole e medie dimensioni. che parlano di cose semplici, genuine, che rispecchiano momenti di vita lavorativa e di intimità personale affrontandole con stile realistico e naturalistico, di sapore arcaico e primitivo, spesso con rivisitazioni gotiche, romaniche ed etrusche. Nella ritrattistica, che inizia sul finire degli anni ’40, i riferimenti etruschi si fanno più marcati, il soggetto viene interpretato, studiato, capito nella sua sfera spirituale e fissati i tratti che ne determinano l’aspetto esteriore ma che sono, nel contempo, lo specchio della personalità del personaggio raffigurato. All’interno di questa tematica si fa avanti lo studio dei caratteri somatici quale individuazione del soggetto “tipico” appartenente alla varie località toscane: vedono la luce “Il Carrarino” gesso, 1954, “Stella, contadina versiliese”, terracotta del 1954, “La Livornese”, terracotta del 1955. In questi anni, compare con insistenza il tufo versiliese utilizzato prevalentemente per i gruppi scultorei che affrontano la tematica dei mestieri: nascono così opere come “Il tosatore”, “L’uomo con maialino”, “I pescatori”, “L’arrotino”, “La visita medica” dove lo stile arcaico caratterizza una plastica dalle ampie linee che si uniscono all’ambiente circostante interpretandone lo spazio.

Dagli anni sessanta in poi predomina la produzione di opere realizzate in terracotta, pur riaffiorando di tanto in tanto l’antico amore per il tufo versiliese. In questi anni, Guidi introduce materiali nuovi, ampliando così la sua ricerca e sperimentazione verso proposte diversificate. Abbiamo quindi opere in ceramica, bronzo e cemento che incrementano la già variegata produzione dell’artista. Le tematiche affrontate riguardano sempre gli animali, le figure a cavallo, re-interpretate negli anni settanta con la serie di “Cavallo e cavaliere”, i ritratti, le statue di piccole e medie dimensioni. Tra i bassorilievi, la cui produzione recensita e documentata risale al 1956, riveste gli stili arcaici e gotici-romanici per quanto riguarda le tematiche religiose ed affronta il primitivismo in tutte le altre realizzazioni degli anni ’70.

Gli anni ’60 sono anni che vedono le realizzazioni delle grandi ricerche operate dall’artista: l’arcaicismo lascia spazio all’informale dal 1962 con “Bue squartato” terracotta; l’informale al pseudo – astratto dal 1966 con “Figura a cavallo”, terracotta. All’astrazione seguirà la scomposizione

di volumi geometrici dalle ampie superfici: “Belva”, 1969, terracotta. Successivamente sarà l’interpretazione dello spazio in termini di scomposizione geometrica della figura, ad assorbire la creatività di Guidi con la serie di opere astratte che affrontano la tematica di “Figura in ambiente”, terrecotte del 1966; dello “Svolgimento della figura nello spazio”, terrecotte patinate degli anni 1966 e “Partoriente”, cemento del 1968. Nello stesso decennio inizia una nuova ricerca: “Le figure TOTEM”, il cui esordio risale al 1964, anticipato nel 1962 da una testa in pietra dove appaiono chiaramente i primi riferimenti alle figure totemiche. Dopo una pausa di cinque anni, la sperimentazione su questa tematica riprenderà nel 1969. realizzando tutti quei soggetti cari all’artista, vale a dire, figure femminili soprattutto, ma anche volti di donna e di ragazzo, per arrivare sul finire degli anni ’70 ad interpretare il blocco di marmo come una crisalide entro la quale sia racchiuso l’embrione umano …o un embrione di realtà.

Egli confessò un giorno, all’amico di sempre, il pittore Arturo Puliti: "Vedi, sento questa spinta, questo andare incontro ad una visione che va oltre il realismo… che mi proietta verso una visione più realizzata… vorrei arrivare a fare un’astrazione che abbia come radice, sempre, un embrione di realtà". Troviamo, nel 1959, un’anticipazione del concetto di ritorno allo stato primordiale e/o embrionale formalizzato da Guidi in “Donna sedia” terracotta, poi abbandonata e ripresa nel 1974 dopo il maturarsi di tali convincimenti interiori, con “Donna poltrona” terracotta dove esprime chiaramente tali concetti

Ma se la ricerca Totemica ha un significato simbolico legato alla rivisitazione della più antica civiltà, il messaggio “storico” proposto da Guidi è, in chiave astratta, legato al momento artistico e stilistico che Guidi stava affrontando. La ricerca condotta sulla forma totemica, quale massa su cui incidere, disegnare, lo condurrà ad un' interpretazione della materia stessa, quale massa marmorea, che, compatta, si stacca dalla cava per dare vita a realtà uniche. Nascono così opere rappresentanti blocchi di marmo sui quali sono incise figure astratte e stilizzate.

All’interno di questo percorso artistico che lo vede impegnato nella ricerca e sperimentazione supportata da una copiosa produzione di disegni ispiratori delle opere scultoree, Ugo Guidi mantiene costante il grande amore che manifesta per l’universo femminile.

Un mondo, quello della donna, che Guidi affronta con delicatezza e sensibilità poetica, dove la femminilità viene esaltata senza mai trascendere, soprattutto nei disegni, il cui tratto morbido e continuo accentua la dolcezza delle curve. Ella, è spesso colta nell’intimo e vezzoso atto della cura del proprio aspetto, al mattino, al risveglio, mentre si pettina, si guarda allo specchio. Fugaci momenti di frivolezza che intenerivano e commuovevano l’animo chiuso e sensibile dell’artista, che vedeva, in tale civettuola gestualità, l’essenza di un'antica, delicata e sensuale femminilità, suscitandogli il desiderio di fermare questi attimi in una "poetica modellata".

Se da un lato, la “Donna femminea”, con la sua discreta ed elegante sensualità affascinava l’artista, la “Donna madre” suscitava in lui forti sentimenti di rispetto e di stima per la sua capacità di generare la vita. Già nel 1949 con l’opera lignea “Adolescente” mostra i contenuti della sua interpretazione della maternità, racchiusi nel gesto che la fanciulla fa con la mano portandola al ventre, indicando, in tal modo la sede del centro della vita. Un gesto simbolico, col quale la fanciulla significa la sua uscita dall’infanzia ed annuncia l’età feconda.

Dopo quest'opera, la prima che affronta il tema della maternità, ne seguono molte altre realizzate in tutti gli stili che l’artista ha affrontato nel corso della sua carriera, fino alla “Maternità Totem” del 1971.

Enrica Frediani