Iniziamo con una realtà che spesso si ignora: in Italia, gran parte dei trader perdono soldi. È un dato scomodo, ma reale. Secondo alcune statistiche, oltre il 75% degli investitori che si cimentano nel trading online finisce in perdita. A questo si aggiunge un’altra verità poco piacevole: anche mantenere un semplice conto corrente tradizionale può costare parecchio, con una media di 120 euro all’anno. Ma cosa succede quando ci si avventura nel mondo del trading e degli investimenti? Quanto costa aprire e gestire un conto trading e acquistare o vendere azioni o altri strumenti finanziari in Italia?
I costi di un conto trading
Quando si parla di conti trading, la prima cosa da considerare sono i costi fissi. Molte banche e piattaforme online offrono conti specifici per chi vuole investire, ma raramente sono gratuiti. Ecco le principali spese da tenere a mente:
Canone mensile o annuale: Molti conti trading prevedono una tariffa di gestione. Le banche tradizionali, ad esempio, possono applicare un costo che varia dai 20 ai 100 euro all’anno, a seconda dei servizi inclusi. Alcune piattaforme digitali, eliminano questo costo, ma potrebbero compensarlo con altre commissioni.
Commissioni per inattività: Sembra assurdo, ma se non utilizzi il conto per un certo periodo, alcune piattaforme ti addebitano una penale. Questo accade soprattutto sui conti internazionali, dove la tariffa può arrivare anche a 50 euro all’anno.
Quanto costa comprare e vendere azioni?
Uno dei principali costi legati al trading sono le commissioni di acquisto e vendita di strumenti finanziari. Ogni volta che compri o vendi azioni, ETF, o altri strumenti, devi pagare una percentuale o una tariffa fissa. Vediamo un po’ di numeri concreti:
Banche tradizionali: Se utilizzi un conto trading offerto da una banca italiana, le commissioni possono essere elevate. Per esempio, potresti pagare 7-20 euro per operazione, indipendentemente dall’importo investito.
Piattaforme online: I broker digitali, invece, offrono condizioni più vantaggiose. Ad esempio, c’è chi applica una commissione che parte da 0,50 euro per ETF e azioni su mercati europei, mentre altri eliminano le commissioni di negoziazione ma applicano un piccolo spread.
Altri costi da non sottovalutare
Oltre alle commissioni di base, ci sono una serie di costi “nascosti” che possono erodere i tuoi guadagni:
Spread: Alcune piattaforme guadagnano sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita (spread). Anche se non sempre evidente, è un costo reale che può aumentare con operazioni frequenti.
Imposta di bollo: In Italia, i titolari di conti trading devono pagare una tassa dello 0,2% sul valore di mercato degli strumenti finanziari detenuti.
Tassazione sui profitti: I guadagni derivanti dal trading sono soggetti a una tassazione del 26%, che include dividendi, plusvalenze e interessi.
Trading online: quanto conviene?
Negli ultimi anni, il trading online ha preso piede grazie alla promessa di costi ridotti e accessibilità. Le piattaforme digitali come Fineco, Interactive Brokers o XTB e altre permettono di investire senza dover passare per le filiali delle banche tradizionali. Questo, però, non significa che sia tutto rosa e fiori.
Ad esempio, sebbene alcune piattaforme offrano zero commissioni, potrebbero avere costi più elevati su altre operazioni, come i prelievi di denaro o la conversione di valute. Inoltre, la mancanza di assistenza personalizzata può essere un limite per chi è alle prime armi.
Vale davvero la pena investire?
Alla fine, la domanda che molti si pongono è: conviene davvero investire nei mercati finanziari? La risposta dipende dalle tue aspettative e dal tuo approccio. Se sei disposto a informarti, a studiare e a muoverti con cautela, il trading può essere un’opportunità interessante. Ma se lo fai con l’idea di guadagni rapidi, sappi che il rischio di perdere è concreto.
Prima di aprire un conto trading, valuta con attenzione tutti i costi e confronta le diverse piattaforme. E, soprattutto, chiediti: quanto sono disposto a spendere per i miei investimenti? Non dimentichiamo che, oltre ai numeri, c’è sempre una componente emotiva in gioco. Sei davvero pronto a gestire il rischio?
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